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Storia, mistero e senso di “Bohemian Rhapsody” dei Queen

todayMarzo 18, 2025

Sfondo

Si può raccontare in poche battute la storia di una canzone pilastro che dura quasi sei minuti? Forse no, ma si può provare a svelare alcuni dei suoi significati più oscuri, cominciando magari dal titolo, scelto tutt’altro che a caso. Ok, va bene, “La vera poesia è per l’ascoltatore”, dice Freddie Mercury in Bohemian Rhapsody (il film in questo caso) e Brian May rincara la dose “Spiegare ogni cosa rovina il mistero”. A scuola però ci hanno cresciuto a pane e parafrasi, quindi siamo tutti vaccinati.

“L’amore è un bambino bohémien”, cantava la Callas nella Carmen di Bizet. E Bryan Singer nel film fa scegliere a Freddie proprio quell’aria per presentare al manager dell’epoca A Night at the Opera (disco da cui è tratto il pezzo). Bohémien, che deriva dalla bohème francese, è sinonimo di spirito libero e anticonformista. Proprio come l’anima della band e di Mercury innanzitutto.

Il termine rapsodia ha radici piuttosto profonde, stiamo parlando dell’antica Grecia (V secolo a.C.). Per farla breve, il rapsòdo era colui che cantava e recitava storie in pubblico, cucendo insieme elementi e metriche diverse. In musica la parola definisce un tipo di componimento strumentale libero e multiforme, che racchiude in sé armonie e ritmi differenti.

Si pensi per esempio alla Rapsodia Ungherese di Liszt o alla più “pop” Rapsodia in blu di Gershwin, che Woody Allen in Manhattan (1979) ha usato per fare la serenata alla sua New York.

In un solo brano si passa dalla ballata all’opera e dopo un inciso hard rock si chiude in maniera inaspettatamente soft. Mercury e la sua cricca impiegano ben tre settimane per registrare in studio la canzone che include quasi duecento sovraincisioni vocali combinate con gli strumenti, tra cui anche il gong cinese. Il pianoforte usato da Mercury peraltro è lo stesso su cui McCartney ha suonato Hey Jude.

La maschera, della commedia dell’arte, di buffone vanaglorioso che Mercury ha indossato per nascondere a tutti il suo vero sé.

Fandango

È una celebre danza spagnola che questo alter ego ha messo in scena per confondere le idee a chi gli stava di fronte. Oppure, tornando alla teoria dell’uomo ucciso, viene usato “hemp fandango” per indicare l’impiccato che nell’istante prima di morire “balla” e si dimena appeso alla fune.

Galileo

Non ha certo bisogno di presentazioni e l’averlo chiamato in causa pare fosse un piccolo omaggio a Brian May, appassionato di astronomia. “Ogni volta che Freddie se ne veniva fuori con un altro ‘Galileo’, mi toccava aggiungere un altro pezzo di nastro al rullo che sembrava più che altro uno scorrere vorticoso di strisce pedonali.” ha raccontato Roy Thomas Baker (il produttore).

Figaro

In omaggio al Barbiere di Siviglia, opera che Mercury amava moltissimo e in cui “Figaro” viene ripetuto più volte, proprio come “Galileo” nella canzone.

Bismillah

È l’invocazione divina che apre ogni sura del Corano, significa ‘in nome di Dio’ e viene ripetuta anche con carattere propiziatorio. Gli esorcisti per esempio la scrivono sui talismani. Non a caso, subito dopo nel testo arriva anche Beelzebub, uno dei tanti nomignoli di Satana.

Nonostante gli accanimenti interpretativi, un alone di mistero da sempre aleggia su questo successo immortale. E, si sa, il mistero paga. Solo una canzone è stata in grado di scalzare Bohemian Rhapsody dalla vetta della classifica inglese: Mama mia degli Abba (a gennaio del 1976) . Del resto, cantavano i Queen, “Mama mia, mama mia, mama mia let me go.”

Scritto da: Redazione RCC