CANALE 1
Il ritorno di Mike Portnoy nei Dream Theater ha scatenato l’entusiasmo sia dei fan di vecchia data che di quelli più recenti.
Si tratta del ritorno di un vecchio amico d’infanzia, autore di capolavori come “Images and Words“, “Awake” e “Metropolis Pt. 2: Scenes from a Memory“, lavori che hanno segnato il nuovo prog degli anni ’90, gettando le basi per quello moderno di inizio millennio.
Questo evento ha anche dato ai fan la possibilità di rivedere in concerto la formazione più conosciuta e longeva della band con il tour del quarantesimo anniversario, iniziato nell’ottobre 2024.
Per citare ancora Mike Portnoy, il batterista non si vedeva nei Dream Theater dal lontano 2009, quando l’ultima opera realizzata con la band fu “Black Clouds & Silver Linings“. Da quel momento, con l’ingresso di Mike Mangini, un ritorno sembrava quasi impossibile. Tuttavia, dopo l’annuncio del suo rientro, Portnoy ha subito dichiarato che erano già al lavoro su un nuovo album: “Parasomnia“, il sedicesimo album in studio dei Dream Theater e l’undicesimo con lui in formazione.
Non si tratta di un vero e proprio concept album, ma piuttosto di un disco tematico incentrato sui disturbi del sonno: incubi, paralisi, insonnia e sonnambulismo. L’unico elemento ricorrente è un breve segmento melodico di A Broken Man, il secondo singolo uscito, che funge da “passaggio di testimone” musicale tra i brani.
Questo nuovo capitolo ha generato enormi aspettative per il futuro della band, che da ormai 40 anni rappresenta un’istituzione della musica tecnica ed elaborata. “Parasomnia” si presenta come un album che ripercorre la discografia del gruppo, con riferimenti a “Systematic Chaos“, “Octavarium” e anche qualche strizzata d’occhio a “Metropolis Pt. 2“.
Se bisogna parlare delle note dolenti del disco, sicuramente A Broken Man, Dead Asleep e Midnight Messiah formano un trittico piuttosto tedioso, che contribuisce a rendere alcune sezioni dell’ascolto piatte e prive di mordente, facendo sembrare la band intenta a svolgere il “compitino”.
Un plauso va invece a Bend the Clock, unica semi-ballad del disco, che cattura l’attenzione grazie a un assolo di John Petrucci dal retrogusto “gilmouriano”. In conclusione, spicca The Shadow Man Incident, la suite finale dell’album di quasi 20 minuti, in cui i Dream Theater si sbizzarriscono, regalando una sezione strumentale centrale di grande pregio, come non si sentiva da oltre un decennio.
“Parasomnia“ rappresenta un miglioramento rispetto al periodo con Mangini, grazie sia al ritorno di Mike Portnoy sia a un’atmosfera che richiama i vecchi lavori come “Black Clouds & Silver Linings” e “Train of Thought“.
Le sfaccettature dell’album sono molteplici, ma è evidente che, pur essendo interessante e ben costruito, non riesce a soddisfare pienamente le aspettative. L’era d’oro dei Dream Theater è ormai alle spalle, anche con il ritorno del leggendario Portnoy dietro le pelli. Tuttavia, non c’è motivo di preoccuparsi: se i prossimi album manterranno questa qualità, i fan possono comunque ritenersi soddisfatti.
Scritto da: Redazione RCC
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